L’acqua come elemento di salvezza e perdizione, il limbo dove galleggiare prima di ogni scelta, e a volte anche dopo. Dove accarezzare le paure e abbracciare il desiderio, soppesare i rischi, abbandonarsi. “Il nuotatore” fissa un punto che è al tempo partenza e labile traguardo: noi siamo le nostre decisioni, i nostri forse, i nostri infiniti domani, e in mezzo a tutto questo scorre liquida l’esistenza. Come nel racconto omonimo di John Cheever che lo ispira, e che diventa protagonista di un brano, tutte le piscine di vanità, finzione e orgoglio diventano, una dopo l’altra, un percorso verso la consapevolezza, l’amara desolazione, allegoria della vita sospesa fino alla caduta.
A più di cinque anni da “Aspettando i barbari”, i Massimo Volume tornano, per la prima volta in trio, con un disco che rifugge l’elettronica per rifugiarsi nel suono essenziale e scarno di chitarre, basso e batteria, con l’incedere ossessivo dei suoni che riempie comunque ogni spazio lasciato vuoto dal recitativo, come sempre ipnotico e centrato, di Emidio Clementi.
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